11.7.04

Quel pomeriggio, nuotando in acque per me nuove, favorivo con lievi e rilassati movimenti l'azione delle gentili correnti lasciandomi portare al largo. Avvertivo con piacere le variazioni termiche marine, a seconda della distanza dalla riva e dalla superficie. Mi beavo abbracciando con la vista e il sorriso il panorama della baia da cui oramai stavo quasi uscendo. Accoglievo contento la carezza del sole, rinfrescandomi di tanto in tanto con l'immersione.
A un certo punto, per alleviare un fastidio avvertito tra l'arcata sopracciliare sinistra e il naso, quasi un'avvisaglia di sinusite, provavo un massaggio energetico con le dita. Così facendo mi ostruivo la visione e d'un tratto mi pareva cambiare totalmente la prospettiva delle cose.
Con un solo occhio, le onde, quelle stesse che leggiadre mi cullavano un istante prima, mi s'imponevano all'attenzione con un incedere tinteggiato di minaccia. Non vedevo più l'intero panorama, ma solo un suo ridottissimo spicchio e sentivo aleggiare fuori e dentro di me una sensazione che per fortuna mi è quasi sempre aliena: l'angoscia.
Senza cedere alla paura, insistevo nella scomoda postura per analizzare meglio quello che mi stava succedendo.
In effetti, perdendo la visione generale delle cose, mi stavo facendo ingoiare da un inganno autocostruito, dall'errata convinzione che fosse tutto lì, in quel metro di mareggiata immediatamente antistante la mia persona, e la bellezza dell'insieme, l'incanto del tutto, spariva. Per ritrovarlo, per ritrovarsi, bastava davvero poco: un gesto, un respiro, ma quel gesto e quel respiro andavano fatti.
Una metafora bell'e pronta, un esempio di come ciascuna piccola esperienza possa contenere messaggi, costituire un aiuto, regalarci un tassello per la crescita nel benessere personale.

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