Sento sempre più spesso parlare di reiki con disinvoltura, anche da parte di persone in precedenza annoverabili tra gli scettici. Non lo conosco in modo approfondito, ma lo considero un passo importante verso l'esplorazione degli ambiti invisibili nei quali ci muoviamo e dai quali potremmo ricevere molto di più, per dare e per godere del vivere tutto.
In particolare, oggi mi hanno parlato del "mandare del bene a distanza" e sono stato contento di potermi limitare ad annuire, corroborando poi le altrui impressioni con il racconto di qualche episodio personale al riguardo. Non dover convincere le persone è non solo comodo, ma anche utile: molto meglio che ciascuno possa scoprire le cose per conto suo e poi confrontare le esperienze.
Così ho raccontato di quando mi fu chiesto di mandare un po' di bene a una persona che sapevo o credevo ammalata di tumore ai polmoni. A centinaia di chilometri mi alzai vicino alla mia scrivania e dopo essermi tolto ogni oggetto metallico mi ritrovai a visualizzare quell'uomo mai visto prima, in piedi accanto a me. Le mie mani andarono in verticale e tra i vari movimenti mi colpì il fatto che la destra sembrava cercasse i suoi dischi intervertebrali, cingendoli uno ad uno tra le dita. Lasciai fare, mi lasciai andare. Tanto, pensavo, male non fa.
Riferii di avere fatto quel che potevo, senza specificare alcunché. Il giorno dopo mi comunicarono che la crisi era stata superata e che gli era passato il mal di schiena.
Con questo non intendo certo esaltarmi personalmente: io manco sapevo che cosa stavo facendo! Lo divulgo solo per incoraggiare tutti a lasciar emanare la scintilla divina che abbiamo dentro, anche se talvolta la teniamo a lungo sepolta sotto lo scoramento o la passività.
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