La non scuola del sé superiore
Giorni fa scrivevo di ritualità, ma di fatto quando muoviamo le mani in aria per una procedura il dato comune è quello di lasciarle fare. Ognuno compie i movimenti che sente di compiere ed essi vengono determinati dall'interazione tra le energie di chi opera e di chi si affida.
Scrivo "chi opera" e "chi si affida", ma sia chiaro che le procedure non andrebbero considerate sedute di fruizione passiva, perché se è vero che talvolta per definire l'operatore e chi sta sul lettino si può parlare di terapeuta e di paziente, bisogna pur tenere presente che l'azione, in qualche misura, è sempre bidirezionale (come minimo, dato che per nostra fortuna non mancano certo gli interventi delle entità invisibili o dell'essenza universale - vale a dire delle anime trapassate e di Dio, se vogliamo usare la terminologia e l'immaginario più familiari a chi da queste parti abbraccia la visione religiosa tradizionale).
Non sono stato istruito né addestrato a fare le procedure: nessuno mi ha insegnato esplicitamente che cosa fare, nessuno mi ha suggerito di applicare un cerimoniale o una tecnica (salvo l'accortezza di lavarsi le mani dopo ogni seduta). So di essere stato particolarmente fortunato nei miei incontri: a riprova di ciò, tra le persone che operano da me conosciute nessuno si è mai atteggiato a maestro, tantomeno chi a ragione potrebbe considerarsi a un livello di sensibilità particolarmente elevato.
Come risposta alle mie incertezze di principiante mi fu solo detto:
"Sii le tue mani". Era il 9 gennaio. Pochi mesi, una vita.
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