24.12.02

Ieri pomeriggio al telefono con la principessa radiosa tra altre cose abbiamo parlato di come ciascuno di noi sia Dio, o per dirla altrimenti di come in ciascuno di noi ci sia una particella del Tutto, dell'energia universale di cui come vortici di luce siamo fatti. Mi è anche venuto di citarle una felice espressione di mariemarion ("quel diamante che c'è in ognuno di noi").

Solitamente non guardo la TV. Ieri però ho ricevuto una segnalazione via e-mail e ho acceso su RaiUno, dove si stava esibendo Roberto Benigni. Per una serie di incombenze da sbrigare, ho potuto seguire solo l'ultima parte (casualità?).
Sono contento di essermi goduto l'esegesi del passaggio sulla visione di Dio e soprattutto il momento in cui il nostro giullare ha recitato la musica dantesca.
Il punto cruciale era costituito dall'identificazione dell'essere umano con Dio, quel vedere rispecchiata nell'eternità la propria effige.

Benigni mi è piaciuto, l'ho trovato ispirato. Intendo dire spiritualmente ispirato. La sua commozione sui versi finali era vera e non recitata. Gli ho letto negli occhi l'evoluzione che deve avere attraversato (probabilmente da qualche anno) e la gioia con la quale capisce che può trasmetterla.
La stessa cosa succede quando ci si sente colmi d'amore, di quello che va ad accarezzare le persone a noi care anche a distanza, anche quando quella distanza sembra incolmabile fisicamente (ma chi può sapere come s'incroceranno i sentieri domani?).

Dal canto 33 del Paradiso, Divina Commedia:

[...] giunsi
l'aspetto mio col valore infinito.

[...]
Nel suo profondo vidi che s'interna
legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna:

[...]
La forma universal di questo nodo
credo ch'i' vidi, perché più di largo,
dicendo questo, mi sento ch'i' godo.

Un punto solo m'è maggior letargo
che venticinque secoli a la 'mpresa,
che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.

Così la mente mia, tutta sospesa,
mirava fissa, immobile e attenta,
e sempre di mirar faceasi accesa.

A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;

però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
è defettivo ciò ch'è lì perfetto.

[...]
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l'alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;

e l'un da l'altro come iri da iri
parea reflesso, e 'l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.

[...]
Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,

dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che 'l mio viso in lei tutto era messo.

[...] la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.

A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle.

17.12.02

Finalmente ricomincio a vedere il sito. Nei giorni scorsi ho pubblicato al buio, cioè potendo accedere solo ai codici html e non al risultato finale, alcune parole di Proserpina. Perché mi abbiano colpito lo scoprirete andandole a leggere.

Approfitto anche per ringraziare chi ha messo nella propria pagina un link a vocenarrante: oltre alla pluricitata mariemarion, mi riferisco a LunaticaMente, la cui autrice mostra di sapere cosa sono le emozioni che ti attraversano il cuore giungendo a toccare l'essenza.
Una citazione en passant arriva anche da Blandamente, un blog che se la prende giustamente comoda.

Ho poi scoperto un omonimo tra un gruppo di fautori del bookcrossing. Evidentemente i nomignoli sono meno numerosi delle persone.

Oggi sono stato da V. e mi hanno lavorato sul terzo occhio, ma credo sia presto per parlarne.

10.12.02

Grazie a Millevoci, che ospita alcuni miei versi. Sono parole d'amore innato, quello che prende e illumina dal di dentro, ti fa sorridere radiosamente a ogni cosa e al tutto.
Ma anche lo stesso che se non ci sei abituato ti inebria togliendoti lucidità e annebbiando la capacità di vagliare le cose, di ridurre gli errori. Così capita che insieme a ricordi ineffabili rimanga la scia del rimpianto, uno spumeggiante scintillio che si nutre di lacrime per il non vissuto.
Non volendo gettare palate di sabbia sul passato, compito irrinunciabile della memoria diventa quello di riuscire a eliminare il periodo ipotetico, quell'inutile ammassarsi di congiuntivi e condizionali, confinandosi a ciò che è stato e non a ciò che (forse) sarebbe potuto essere.
E parlando di tempi e modi, l'obiettivo di sempre rimane essere, ora e qui. Paradossalmente, ciò che sembra una riduzione permette l'espansione, annullando tempo e spazio: il qui diventerà "in ogni dove", l'ora sarà "l'istante che si fa eternità".
Unico luogo il cuore... materia l'incrocio di sguardi... luminosa gioia oltre ogni dire...
Amore.

4.12.02

Sedute e letture

Oggi sono stato da V. e abbiamo fatto una seduta definita "grandiosa", lavorando sul giovane F. che alla fine si sentiva "riconnesso" e "di nuovo tra i beati".
Prima che si stendesse sul lettino, abbiamo parlato e seguito la scrittura di V., che ci ha invitato a condividere varie letture. Alcune sono state tratte da un libro che avevo per caso con me:
Così parlò Zarathustra, di Friedrich Nietzsche.
Come al solito, constatavamo che le parole nelle pagine indicate si attagliavano precisamente alla situazione di cui stavamo discorrendo, illuminando alcuni aspetti evolutivi che ciascuno di noi si trova ad affrontare.
In particolare, di un passaggio è stata richiesta la lettura e la rilettura, che ho ripetuto volentieri ad alta voce e che desidero riportare qui:

Purificarsi deve ancora il liberato dello spirito. Molta prigione e muffa sono rimaste in lui: puro deve diventare ancora il suo occhio.
Sì, io conosco il tuo pericolo. Ma per il mio amore e per la mia speranza ti scongiuro: non gettar via il tuo amore e la tua speranza.
Nobile ti senti ancora e nobile ti sentono ancora gli altri, che ti vogliono male e ti gettano occhiate cattive. Sappi che a tutti è d'intralcio un uomo nobile.
Anche ai buoni è d'intralcio un uomo nobile: e perfino quando lo chiamano buono, intendono con questo toglierlo di mezzo.
Il nobile vuol creare del nuovo e una nuova virtù. Il buono vuole il vecchio e che il vecchio sia conservato.
Ma non questo è il pericolo del nobile, che diventi un buono, bensì che diventi uno spavaldo, uno schernitore, un annientatore.
Ah, ho conosciuto uomini nobili che perdettero la loro più alta speranza. E ora calunniavano tutte le speranze alte.
Ora vivevano spavaldamente di bravi piaceri e non ponevano più le loro mete al di là della giornata presente.
"Lo spirito è anche voluttà" - così dicevano. Così spezzarono al loro spirito le ali: ora esso s'aggira strisciando e rosica tutto insozzandolo.
Un tempo essi pensavano di diventare eroi: gaudenti sono ora. Afflizione e orrore è per loro l'eroe.
Ma per il mio amore e per la mia speranza ti scongiuro: non gettar via l'eroe nella tua anima! Considera sacra la tua speranza più alta! -


Se prendiamo l'esempio delle delusioni amorose, è facile comprendere il meccanismo per cui quando si perde la "più alta speranza" si è propensi a negare "tutte le speranze alte".
E dunque assume peso specifico stagliandosi incoraggiante l'esortazione dell'ispirato:
Considera sacra la tua speranza più alta!