27.8.03

Erato ci aveva già parlato della scrittura automatica. Le ho chiesto di trasmettermi le sue esperienze di regressione a vite precedenti e comincio a pubblicare i frammenti che mi ha inviato.

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Sono ricordi di vite passate. L'uomo di cui parlo è il mio migliore amico. Sono convinta che siano lui e il suo spirito guida che però non conosce (mi parla qche volta di un alter ego ma non crede in certe cose, quindi...). Io invece sento la sua guida e so che è lui. Continua a tenerci uniti...abbiamo ancora bisogno l'uno dell'altra. In un certo senso, mi ha "salvato la vita" risollevandomi nei momenti difficili.
Dopo un ricordo di vita passata me ne è apparso un altro che però non riuscivo a portare a termine. Mi è accaduto in un secondo momento, ecco perché ti trovi due parti distinte della stessa vita.
Erato

16 ottobre 2000 ore 22:23
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Perché non ricordo altro delle mie vite precedenti? Mi sto sforzando ma ancora non vedo nulla. Forse il mare? Non riesco ad andare oltre, perché? Il mare, il mare, una montagna, un castello. No, forse non è la mia vita, è quella di un altro ma perché la vedo io? È quella di A. È simile ad un moschettiere, sta lucidando la sua arma: un fucile, non una spada. Lui indossa una camicia bianca e dei pantaloni neri, con dei lunghi stivali neri lucidissimi. Io non ci sono, o forse non ci sono ancora … Sta parlando con qualcuno. Non riesco però a sentire cosa dicono. Non riesco ad andare oltre. Perché? C’è un cane che gli sta vicino. Lui lo accarezza e gli sorride. E qui tutto s’interrompe.

21 ottobre 2000, ore 21:40

Ora ricordo. Appartengo ad una tribù di indigeni che abita su un’isola felice. Arriva un veliero e dei “civili” che vogliono civilizzare noi selvaggi. In un sol giorno devastano tutto. Uccidono il mio promesso sposo ed io, nascosta tra i cespugli, devo soffocare i miei singhiozzi. Le mie lacrime scendono a fiumi sulle mie gote come il sangue scorre sul suo collo. Sono incredula, spaventata, smarrita. Gli assassini, una ventina in tutto, si allontanano senza accorgersi della mia presenza. Ne arrivano due dall’aria pacifica. Uno moro vestito di nero e uno biondo con la camicia bianca e i pantaloni neri. Lui, mi nota, mi allunga la sua mano ed io senza timore l’afferro. Mi porta nella sua tenda e mi nasconde. Ecco come faccio a vedere che lucida il fucile. Sono nascosta in una cassa. Si fermano un solo giorno, poiché la loro missione è compiuta. Tutto è distrutto. Ripartono e lui, il mio angelo, prima di andarsene mi sorride. Io gli dono una collana con un ciondolo a forma di conchiglia. Lui mi ha fatto un dono meraviglioso: la vita. Vorrei parlargli ma non ci riesco e poi lui non capisce la mia lingua. Si allontana con il suo cane e il suo fedele amico, portandosi il pesante fucile sulle spalle. Non si volta indietro ma sento che non mi dimenticherà. Torno nella foresta, tra quella vegetazione devastata che non è più come prima. Mi rimane solo il coraggio di ricominciare. Il suo sguardo non lo dimenticherò mai, come la sua infinita dolcezza. Forse era il 13 settembre.

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Sto pensando sempre più spesso alla regressione ipnotica come passo da compiere per scalare un altro gradino nella rampa della consapevolezza. Voi che ne dite?

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